Gastone Panciera (1908 -1991) inizia, da giovanissimo, la sua formazione nella bottega paterna a Vicenza. La famiglia possedeva sui colli Berici le cave da cui si estraeva la tipica pietra di Vicenza e qui aveva il laboratorio nel quale si realizzavano decori, fregi e sculture. Il lavoro, in questo ambiente operoso, gli offre l’opportunità di acquisire quel senso plastico che, dopo le prime esperienze artigianali, gli permette di dialogare con qualsiasi materiale.
Divide la sua attività di scultore fra Vicenza, dove realizza il grande bassorilievo per il Villaggio della madre e del bambino e alcuni interventi per l’edilizia privata, in collaborazione con il fratello Tullio, architetto, e Milano dove si stabilisce negli anni ‘40. A Milano conosce e frequenta le figure più rappresentative della cultura del periodo come i poeti Sereni, Gatti e Quasimodo, lo scrittore Joppolo, gli artisti Sassu, Manzù, Marini, Treccani e i critici De Micheli e De Grada aderendo al Movimento di “Corrente” fin dal 1938. Partecipa alle prime due mostre del Movimento, nel 1938 e nel 1939, operando per il superamento della retorica di regime e del conformismo novecentesco con una produzione scultorea di dimensioni ridotte e tematiche appartenenti alla dimensione domestica. Nel 1937 per la sua attività antifascista viene arrestato nel suo studio a Milano e incarcerato a San Vittore, insieme ad altri artisti fra cui Italo Valenti e Aligi Sassu.
Le opere degli anni ‘40 e ‘50 risentono del clima tragico dell’esperienza bellica, come il bronzo “Le Deportate”, il gruppo “Donna caduta e cavallo” e le composizioni di numerosi disegni nei quali si sente l’eco di un popolo che aspira alla liberazione dello spirito dalle costrizioni del periodo storico.
Negli anni post bellici la scultura acquista maggior serenità e ben presto la carriera artistica di Gastone Panciera prende un cammino autonomo. La fine della guerra significò frontiere aperte nel campo della cultura europea e gli artisti si accorsero del tempo perduto. Questo percorso, comune a tanti Maestri della sua generazione, nasce da una nuova sensibilità verso altre forme artistiche, favorito dall’uscita dal provincialismo della cultura di regime. Gli artisti assimilano l’estetica del Cubismo ma anche di quelle culture che hanno ispirato la nascita di quel movimento: l’arte africana e l’arte arcaica e orientale. In questa prospettiva va letta la scelta di parte della cultura occidentale dei primi anni del secolo scorso, orientata alla riscoperta del “primitivo” che, in Gastone Panciera, si manifesta attraverso forme slanciate e dinamiche portate all’essenziale. Interessato alle espressioni primordiali caratterizzate dalla verticalità del corpo ne varia la gestualità con il movimento delle braccia o associando alla figura umana verticale il cavallo, un elemento diagonale che diviene uno dei soggetti prediletti della sua espressione artistica. Studia e approfondisce l’arte delle culture preromaniche, soprattutto la scultura etrusca e greca, scrive un saggio sull’arte di Tanagra, che ben riflette la sua concezione di una scultura lontana dal monumentalismo, vicina invece a soluzioni più intimistiche ed essenziali.
Contemporaneamente alla scultura l’artista si dedica alla realizzazione di disegni su carta che da semplici bozzetti diventano spesso opere autonome: disegni a china, a tempera o acquerellati. I soggetti prediletti sono i cavalli e figura umana, la pantomima o la ballerina, tracciati da un segno agile e danzante che li deforma e spesso li costringe a fantastiche contorsioni. L’arte del mimo di Marcel Marceau, ovvero la pantomima, un’arte universale che non conosce le barriere della lingua, al pari della scultura, diventa fonte di ispirazione come pure la danza ispirata dalla presenza sulle scene di Josephine Baker.
Memoria & Progetto nel 2021 ha curato il riordino e l’nventariazione dell’Archivio Gastone Panciera.